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Museo archeologico "P. Giovio"

La storia del Museo

La prima esposizione di oggetti curiosi, strumenti scientifici e antichità venne allestita in due locali del Liceo Classico cittadino, in seguito a una circolare del 1837 con cui l'arciduca Raineri, viceré del Regno Lombardo-Veneto, invita ad attivare "gabinetti tecnologici" dove raccogliere "qualunque prodotto naturale, di antichità o di un'industria".
Le raccolte si ampliarono presto grazie alle numerose donazioni e l'edificio divenne insufficiente a contenerle. Il Comune istituì allora nel 1871 una "Commissione per la formazione e conservazione del Civico Museo" che portò nel 1897 all'inaugurazione della sede attuale, nel palazzo che era stato la residenza cittadina dei Conti Giovio, affittato nel 1894.
L'edificio, risalente al tardo medioevo, subì alcune modifiche nel XVI secolo per opera di Benedetto Giovio, ma assunse l'aspetto attuale, che risponde ai canoni del barocchetto lombardo, con Giovan Battista nel XVIII secolo. Anche gli affreschi del piano nobile rispecchiano i gusti del settecento: la "sala Perrone" è interamente decorata da scene mitologiche opera di Giovan Battista Rodriguez, la "sala Barelli" da finte architetture realizzate da Giuseppe Coduri Vignoli. Affittato, come si è detto, alla fine dell'ottocento come sede del Museo Civico, venne poi acquistato dal Comune di Como nel 1913.
Le raccolte, all'inizio del '900, erano costituite da materiali molto eterogenei, ai quali si diede una migliore sistemazione nel corso degli anni con l'acquisizione di nuovi spazi, a partire dall'istituzione nel 1932 del Museo Storico "Garibaldi" nell'attiguo Palazzo Olginati, fino all'apertura della Pinacoteca Civica in Palazzo Volpi (via Diaz) nel 1989, e ai recentissimi lavori di restauro e allestimento.
L'incremento delle collezioni archeologiche fu molto rapido fin dall'inizio del secolo, grazie all'opera di illustri studiosi e ricercatori locali; l'attività di scavo e di ricerca che il museo svolge sul territorio porta a un continuo aggiornamento delle collezioni e delle conoscenze.


La Sezione del Collezionismo

La sezione dedicata al collezionismo archeologico dell'ottocento presenta reperti di culture diverse acquisiti per lo più grazie all'eredità di un importante collezionista comasco, Alfonso Garovaglio. In questa sezione attualmente sono esposte la collezione egizia, dei vasi greci e magno-greci, dei bronzetti, delle gemme, nonché la raccolta preistorica di I. Regazzoni.
La collezione egizia comprende un migliaio di oggetti raccolti in gran parte da Alfonso Garovaglio nel corso di un viaggio in Egitto nel 1869. Spicca fra tutti un sarcofago in cartonnage, costituito cioè da vari strati di tela stuccata e accuratamente dipinta, che conserva al suo interno la mummia della sacerdotessa Isiuret. Ornano il sarcofago numerose immagini di divinità accompagnate da iscrizioni che invocano protezione, in cui compaiono il nome della defunta, i suoi titoli e la sua genealogia. Nel 1990 la mummia di Isiuret venne sottoposta alla TAC presso l'ospedale "S. Anna" di Como, che ha stabilito l'età della sacerdotessa fra i 18 e i 30 anni.
Tra gli altri reperti la collezione è arricchita dai numerosi usciabti, le statuette in faïence o legno che, poste nelle tombe, assolvevano, secondo le credenze magico-religiose egizie, alla funzione di servire il defunto nell'aldilà; e dai bronzetti, statuette rappresentanti le divinità più popolari e diffuse, in particolare la triade costituita da Osiride, Iside e il figlio Horo. Nell'antico Egitto si faceva largo uso di amuleti, con lo scopo principale di proteggere il corpo e ogni aspetto della vita stessa. Gli scarabei, in particolare, garantivano al defunto la continuazione di ogni funzione vitale nell'aldilà, poiché lo scarabeo era identificato con il simbolo del dio sole Ra al suo sorgere: il geroglifico a forma di scarabeo ha infatti il significato di "divenire", "rinnovarsi", e questo significato portò alla diffusione dell'uso funerario.
La sala più prestigiosa del Museo, la sala Perrone, ospita in quattro vetrine di cristallo un centinaio di vasi figurati greci e magno-greci. Sono rappresentate le principali classi ceramiche della Grecia antica (ceramica corinzia, attica a figure nere e a figure rosse), cui si affiancano pregevoli prodotti della ceramografia italiota, in particolare apula e campana, oltre a vasi a decorazione geometrica delle popolazioni indigene dell'antica Puglia. Le immagini dei vasi attici ci introducono in un universo ormai scomparso, tra guerrieri e divinità, cittadini esemplari ed eroi del mito; carichi di suggestioni e di valenze rituali, i vasi apuli a figure rosse, sui quali compaiono scene nuziali ed enigmatici volti femminili, evocano il multiforme mondo di Dioniso; vivaci e briosi, i vasi prodotti nell'antica Paestum ci riportano ancora una volta all'immaginario dionisiaco, come il piccolo Eros dipinto dal pittore Asteas, o riflettono gli aspetti della vita quotidiana, come il piatto con figure di pesci.
Ugualmente degni di nota, i vasi delle popolazioni dell'antica Apulia mostrano ricchi schemi decorativi giocati sull'alternarsi di motivi geometrici in rosso e nero. La collezione di gemme e paste vitree è esposta al centro della sala in cui sono collocate le grandi tele raffiguranti alcuni personaggi della famiglia Giovio. Si tratta di 66 intagli che vanno dagli scarabei etrusco-italici del IV secolo a.C. alle gemme neoclassiche del XIX secolo d.C., sebbene il nucleo più consistente sia rappresentato dagli esemplari d'età romano-imperiale. Al centro si trovano altrettante repliche di originali che i collezionisti commissionavano per arricchire la loro raccolta, realizzate in pasta di vetro di vari colori.
Una piccola sala ospita invece, all'interno di due vetrine ottocentesche restaurate, circa 200 bronzetti, per lo più statuette votive, ma anche amuleti, elementi di arredo, strumenti. Una vetrina raccoglie i bronzetti di produzione italica compresi fra il VII e il II secolo a.C. raffiguranti una divinità o, più spesso, un devoto che compie un'offerta. La seconda vetrina contiene invece gli esemplari di epoca romana: numerosi bronzetti raffiguravano soggetti religiosi e venivano collocati nei templi o nei larari, i tempietti domestici, ma anche gli arredi domestici erano spesso decorati da figure in bronzo.
La sala della collezione Regazzoni si segnala perché riproduce fedelmente l'allestimento originale ottocentesco, di cui sono state riutilizzate le vetrine; on una parete campeggia ancora un affresco rappresentante i siti palafitticoli del lago di Varese, dipinto appunto in occasione del primo allestimento. Nella sala si trovano allineate con cura centinaia di lame, schegge, punte di freccia in selce, asce di pietra levigata, frammenti di vasi, resti di animali, manufatti in legno, corno e osso provenienti dalla Francia, dalla Svizzera, dalla Polonia, dalla Danimarca e perfino qualcuno dall'America. Non manca, ovviamente, un'abbondante documentazione sulle stazioni preistoriche italiane, soprattutto lombarde, e in particolare dell'area varesina.


La Sezione Preistorica e Protostorica

L'illustrazione del processo evolutivo che portò alla comparsa del genere umano introduce l'esposizione dei materiali archeologici cronologicamente ordinati, scoperti sul territorio comasco.
Le prime testimonianze locali, risalenti al Paleolitico medio (60.000-35.000 anni fa), sono quelle rinvenute a Bagaggera, presso Rovagnate, e nella grotta del Buco del Piombo, a Erba. Due scavi recenti, il Monte Cornizzolo e Erbonne in Valle Intelvi, entrambi frequentati dai cacciatori-raccoglitori di 7.000 anni fa durante le stagionali battute di caccia, illustrano il periodo Mesolitico (8.000-4.500 anni fa).
Intorno alla metà del V millennio a.C. si diffondono l'agricoltura e l'allevamento, ha inizio la produzione della ceramica e degli strumenti in pietra levigata, si costruiscono insediamenti stabili: è l'inizio del periodo Neolitico. Lo scavo di Montano Lucino, riferibile alla prima fase della Cultura dei Vasi a bocca quadrata, è uno dei pochi siti che, allo stato attuale delle ricerche, documenta le fasi piene del Neolitico nel comasco.
Di grande interesse è anche il materiale proveniente dalla stazione palafitticola della Lagozza di Besnate (VA) (Neolitico recente, III millennio a.C.). Risalgono invece alla fine del Bronzo medio (XIV secolo a.C.) le armi di Ello-Oggiono presso Lecco, provenienti da "ripostigli", luoghi nascosti o segreti dove venivano deposti oggetti di valore, e alcune forme da fusione di Cermenate (CO) (XII-X secolo a.C.), interessante testimonianza della metallurgia preistorica.
La cultura di Canegrate (Bronzo recente) è rappresentata dai corredi della necropoli scoperta negli anni '30 ad Appiano Gentile (CO), che testimonia l'affermarsi della cremazione come pratica funeraria e offre i primi esempi di corredi ceramici. La sezione più importante del museo illustra la cultura di Golasecca, sviluppatasi durante l'Età del ferro, estesa dallo spartiacque alpino al corso del Po, dal Sesia all'Adda. I centri principali si trovano sul Ticino e più ancora nella zona di Como, dove la continuità insediativa è attestata dall'XI al IV secolo a.C.
Anche a Como, come spesso accade per le civiltà più antiche, l'immagine della società è ricostruita prevalentemente attraverso lo studio delle necropoli. Le sepolture sono caratterizzate dal rito funerario della cremazione: le ceneri venivano deposte dentro un'urna e collocate nella tomba insieme a oggetti di ornamento e vasi come corredo funerario del defunto.
I reperti rinvenuti in queste tombe testimoniano l'apertura delle genti golasecchiane agli scambi con il mondo transalpino da una parte e, dall'altra, con l'area centro-italica dove poi si svilupperà la civiltà etrusca. Saranno proprio questi contatti a determinare la grande fioritura dell'abitato di Como nel V secolo a.C.
Diverse sono le necropoli da cui provengono i materiali esposti: la più nota è quella meridionale, che porta il suggestivo nome di Ca' Morta e si estende dal Crotto di Lazzago fino alla collina di Grandate.


La Sezione Romana

Il passato di castrum romano di Como è ancora oggi ben visibile da un'osservazione in pianta o dalla cartografia della cosiddetta città murata, il complesso del centro storico racchiuso nelle mura medievali della città, sorte poco al di fuori delle mura romane. E' di recente allestimento, nella sede di Palazzo Olginati, l'esposizione dedicata ai ritrovamenti di età romana effettuati in Como e dintorni.
Quattro piccole sale introduttive raccontano come la cultura romana si sia affermata, per la diffusione della scrittura e della lingua latina, che rappresenta un autentico salto culturale. I pochi oggetti esposti costituiscono veri e propri elementi di novità sconosciuti alla precedente cultura celtica: lucerne, bilancine di precisione, statuette, vetri soffiati dai colori brillanti, fine vasellame da mensa, affreschi.
Il percorso espositivo ricavato al piano terra chiudendo a vetrate il portico del palazzo illustra invece il periodo romano a Como e nel territorio attraverso i reperti qui rinvenuti. Alcuni elementi architettonici testimoniano la raffinatezza che doveva caratterizzare la città nei primi secoli dopo Cristo, soprattutto all'epoca del comasco Plinio il Giovane, ricordato da una base in marmo che doveva sostenere una statua a lui dedicata. Si distinguono un monumentale fregio con la parata dei cavalieri, quattro basi figurate, un busto frammentario dell'imperatore Settimio Severo.
Scendendo alcuni gradini si accede a uno scavo simulato che raggiunge 4 m di profondità, che permette di osservare la successione degli strati geologici e archeologici che ancora si conservano sotto la Como attuale. Dai reperti emergono alcuni dati della vita quotidiana: l'organizzazione militare, le manifestazioni religiose, i commerci, le attività produttive, l'alimentazione, la toeletta, la medicina, il divertimento e, da ultimo, il culto dei morti. Completa l'esposizione della Como romana il ricco Lapidario, collocato al piano terra di Palazzo Giovio. Vi trovano posto 82 reperti epigrafici, selezionati tra gli oltre 300 che costituiscono l'intera raccolta e suddivisi in cinque settori secondo un criterio tematico.
Al settore "Introduzione" fanno seguito quelli dedicati rispettivamente al Potere, alla Memoria, al Sacro e, per finire, alle iscrizioni non locali o false. La sala dedicata al Potere ospita anche un mosaico tardoromano (V-VI secolo d.C.) raffigurante un porticato a tre archi. Entro quello centrale si trovano due cervi affrontati ai lati di una colonnina on cui è collocato un vaso.


La Sezione Medievale

La sezione delle lapidi medievali è collocata nel portico e lungo lo scalone di Palazzo Giovio. La città si è trasformata nel tempo e così i suoi edifici: taluni ancora esistenti altri non più.
Restano pietre, frammenti di tessuto urbano, civile e culturale che ora il museo racchiude e conserva. Si tratta di stemmi che un tempo ornavano le chiavi di volta dei palazzi nobiliari di Como, lapidi sepolcrali anche figurate, iscrizioni dedicatorie e commemorative, alcune delle quali ricordano personaggi illustri o avvenimenti degni di nota.
I materiali sono stati disposti in sei gruppi, ordinati in base ai luoghi di provenienza (churches e conventi, palazzi e istituzioni pubbliche, case private) e al loro contenuto (persone ed eventi, famiglie illustri e personaggi, la famiglia Giovio).


Biblioteca del Museo

La Biblioteca del Museo è specializzata nel settore archeologico; vi si trovano volumi riguardanti: preistoria, archeologia classica e medievale, museologia, cataloghi di mostre, guide di musei, tecniche di scavo e prospezioni, paleoecologia, paleozoologia e in generale scienze complementari all'archeologia.
Possiede inoltre diverse serie monografiche difficilmente reperibili presso altre biblioteche, come i British Archaeological Reports, Prähistorische Bronzefunde, Gallia, Gallia Préhistoire, Journal of Field Archaeology, World Archaeology. Consultabile è anche l'archivio del Museo Archeologico "P. Giovio" dal 1871.
La Biblioteca ha sede nelle aule affrescate al secondo piano del Palazzo dei Giovio, in una soluzione ottimale che permette, se necessario, di collegare la documentazione bibliografica con le informazioni ricavabili dai reperti, a disposizione negli adiacenti locali di consultazione del materiale archeologico. Inoltre, la presenza e la consulenza in tempo reale dei conservatori del museo, della bibliotecaria e degli altri specialisti, consente agli utenti di utilizzare al meglio la struttura.
Si può visitare on appuntamento, telefonando al n. 031/271343.
La Biblioteca è aperta nei seguenti orari:
martedì-venerdì mattina: 9.00-13.00
martedì e giovedì pomeriggio: 14.00-17.00
e-mail: biblioteca.museicivici@comune.Como.it

Sarcofago in cartonnage che conserva al suo interno la mummia della sacerdotessa Isiuret.

 

Ceramica attica a figure nere (stile adottato dai ceramografi ateniesi alla fine del VII secolo a.C.)

 

Lo scalone che ospita le lapidi medievali.